L’articolo 1124 del Codice Civile rappresenta uno dei pilastri fondamentali nella disciplina della ripartizione delle spese condominiali, in particolare per quanto riguarda scale e ascensori. Tale disposizione normativa è finalizzata a individuare e regolare i criteri secondo cui le spese per la manutenzione, la sostituzione e la ricostruzione di queste parti comuni debbano essere equamente suddivise tra i diversi proprietari delle unità immobiliari all’interno del condominio.
Contenuto normativo e strumento di garanzia per i condomini
L’articolo 1124 stabilisce che le spese per la manutenzione e sostituzione delle scale e degli ascensori devono essere sostenute esclusivamente dai proprietari delle unità immobiliari a cui questi servizi sono destinati e che effettivamente ne traggono beneficio. Il testo attualmente vigente prevede che la spesa sia così suddivisa:
- La metà in base al valore delle singole unità immobiliari, ossia facendo riferimento ai millesimi di proprietà di ciascun condomino.
- L’altra metà proporzionalmente all’altezza di ciascun piano dal suolo, ovvero considerando l’effettiva elevazione rispetto al piano terreno.
È importante sottolineare che la normativa, modificata dopo la riforma del 2012, riguarda sia i costi ordinari (manutenzione ordinaria) che quelli straordinari (sostituzione e ricostruzione completa delle scale o dell’ascensore), rafforzando la tutela per una distribuzione degli oneri che tenga conto sia del valore patrimoniale degli immobili che del concreto utilizzo delle parti comuni verticali.
Logica della ripartizione e principi sottostanti
La ratio dell’articolo 1124 risiede nell’esigenza di bilanciare due criteri:
- Il principio di proporzionalità, che impone una distribuzione delle spese commisurata al valore delle rispettive proprietà all’interno dell’edificio, come previsto in generale dall’istituto delle tabelle millesimali.
- Il criterio dell’, che tiene conto dell’uso “potenziale” delle scale e dell’ascensore, considerato maggiore per chi risiede ai piani superiori.
La norma, dunque, esclude ogni differenziazione basata sull’effettivo uso o sulla destinazione degli immobili (ad esempio, se si tratta di abitazione o ufficio) o su particolari esigenze personali dei condomini (presenza di disabilità, anzianità, etc.). Conta il beneficio generale ed astratto garantito dall’accesso verticale: anche chi non usa normalmente l’ascensore o le scale deve partecipare alle spese in base all’unità posseduta e all’altezza dello stabile in cui questa si trova.
Viene altresì precisato che, ai fini del calcolo, si considerano come piani anche locali come cantine, soffitte, palchi morti e lastrici solari, qualora non risultino di proprietà comune, ampliando così il perimetro dei soggetti coinvolti nella ripartizione.
Implicazioni concrete sulla ripartizione delle spese
La suddivisione delle spese secondo l’articolo 1124 comporta alcune implicazioni di rilievo:
- La quota di spesa basata sull’altezza dal suolo fa sì che chi possiede unità ai piani elevati sostenga maggiori oneri rispetto ai proprietari dei piani bassi o del piano terra.
- Anche locali accessori sopra o sotto al piano terra, come soffitte e cantine, sono inclusi nei conteggi, estendendo il panorama dei soggetti obbligati al pagamento.
- Nessuna rilevanza viene attribuita all’utilizzo reale delle parti comuni: il legislatore adotta un criterio oggettivo per evitare dispute eccessive sull’uso soggettivo delle strutture condominiali.
Un esempio pratico: in una palazzina di cinque piani con ascensore, una persona che possieda un appartamento all’ultimo piano contribuirà sia in misura proporzionata al valore del proprio appartamento, sia in relazione al maggior beneficio (teorico) dato dall’avere a disposizione scale e ascensore per raggiungere un piano elevato. Al contrario, i proprietari dei piani terra o seminterrati, pur avendo accesso a tali servizi, potranno essere chiamati a una minore contribuzione per la componente d’altezza, ma dovranno comunque partecipare secondo i millesimi di proprietà.
Profili giuridici e criticità della disciplina
Nonostante la chiarezza del dato normativo, l’applicazione dell’articolo 1124 può dare luogo a controversie interpretative. Alcuni degli aspetti più discussi riguardano:
- La definizione dei locali che devono essere considerati come piano ai fini della ripartizione: la norma cita esplicitamente cantine e soffitte e anche i lastrici solari, se di proprietà esclusiva.
- L’esclusione dei condomini che non traggono utilità oggettiva dalle parti comuni. Ad esempio, se una scala o un ascensore serve solo una parte del condominio, solo i proprietari delle unità collegate devono partecipare alle relative spese.
- La possibilità di derogare pattiziamente alla disciplina legale, tramite regolamenti condominiali di natura contrattuale, che però per essere efficaci devono essere esplicitati nell’atto di acquisto e accettati espressamente da tutti i condomini coinvolti.
Le recenti pronunce giurisprudenziali tendono a ribadire il principio secondo cui la ripartizione delle spese secondo l’articolo 1124 si applica anche alle spese di sostituzione integrale degli impianti, non solo alla manutenzione ordinaria, salvo che non si tratti di impianti nuovi rispetto all’originaria struttura condominiale.
L’approccio adottato dalla legge italiana trova corrispondenza anche in altri ordinamenti europei, che scelgono di privilegiare la prevedibilità e la certezza nella ripartizione delle spese condominiali verticali, garantendo così una più agevole gestione della vita comune e una minore litigiosità tra i condomini.
In sintesi, l’articolo 1124 del Codice Civile rappresenta una risposta equilibrata alle esigenze di giustizia e funzionalità nella gestione delle parti comuni di edifici condominiali, fissando regole chiare e oggettive sulla ripartizione delle spese e perseguendo il principio secondo cui chi trae maggiore utilità potenziale da scale e ascensori è giusto che contribuisca in misura proporzionale al vantaggio ricevuto.